Il termine di 18 mesi, concesso al contribuente per spostare la residenza nel Comune in cui si trova il fabbricato acquistato con le agevolazioni “prima casa”, deve essere rispettato anche se l’acquisto riguarda un’abitazione in corso di costruzione.
Lo ha ribadito la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 14114 del 23 maggio 2019.
Al riguardo, occorre premettere che la normativa sull’agevolazione “prima casa” è contenuta, principalmente, nella nota II bis dell’articolo 1 della Tariffa, parte prima, allegata al testo unico sull’imposta di registro, Dpr 131/1986.
Tale disposizione, con riferimento ai trasferimenti di abitazioni a titolo oneroso, subordina la possibilità di beneficiare dell’aliquota agevolata del 2%, in luogo di quella ordinaria del 9% al ricorrere di determinate condizioni.
In particolare, per quanto riguarda l’ubicazione del fabbricato per il quale si intende beneficiare dell’aliquota ridotta, è necessario che l’immobile sia situato, alternativamente:
Con riferimento al caso in cui il contribuente non sia già residente nel Comune in cui è sito l’immobile acquistato, il legislatore ha previsto espressamente che:
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Il caso esaminato dalla Corte di cassazione con la recente ordinanza n. 14114/2019 ha riguardato l’acquisto di un’abitazione in corso di costruzione. Il contribuente, in atto, aveva reso la dichiarazione relativa all’obbligo di trasferire la residenza, entro 18 mesi a partire dalla data della stipula dell’atto, nel Comune in cui si trovava l’immobile in costruzione.
A causa del protrarsi dei lavori per l’ultimazione dell’immobile, il contribuente aveva trasferito la residenza nel Comune interessato, oltre 18 mesi dalla data di stipula.
Constatata tale circostanza, l’Agenzia delle entrate aveva emesso un avviso di liquidazione al fine di revocare le agevolazioni e, conseguentemente, recuperare l’Iva con l’aliquota ordinaria (10%) in luogo di quella agevolata (4%), applicata al momento della vendita.
Sia in primo che in secondo grado (sentenza della Ctr Piemonte n. 999 del 20 giugno 2017) è stata accolta la tesi del contribuente, soprattutto in considerazione del fatto che l’acquisto riguardava un fabbricato in corso di costruzione e il contribuente aveva comunque trasferito la residenza nel Comune entro 18 mesi dalla data in cui l’immobile era divenuto abitabile.
In sede di ricorso per cassazione, l’amministrazione finanziaria ha evidenziato che la norma che consente di beneficiare dell’agevolazione “prima casa” anche nel caso in cui il contribuente non sia residente nel Comune in cui si trova l’immobile acquistato, prevede un termine di 18 mesi decorrente dalla data di acquisto, senza distinguere a seconda che il fabbricato sia già esistente oppure sia in fase di costruzione.
I giudici hanno rilevato che, qualora il contribuente non trasferisca la residenza nei 18 mesi, la decadenza può essere evitata soltanto se tale circostanza sia stata determinata da cause di forza maggiore. Si deve, quindi, essere in presenza di un evento imprevedibile, inevitabile e non imputabile al contribuente.
La suprema Corte, in conclusione, ha ritenuto che il prolungarsi dei lavori per l’ultimazione del fabbricato, non costituisce un evento imprevedibile e, quindi, è stata ritenuta legittima la decadenza dalle agevolazioni “prima casa”.
La Cassazione ha ribadito il principio in base al quale la realizzazione dell’impegno di trasferire la residenza rappresenta un elemento costitutivo per il conseguimento dell’agevolazione e configura un vero e proprio obbligo del contribuente nei confronti dell’amministrazione finanziaria. Tale obbligo va rispettato anche in caso di acquisto di abitazioni in corso di costruzione, tenuto conto anche del congruo margine di tempo concesso dal legislatore ai fini del trasferimento della residenza.
Al riguardo, è opportuno precisare anche che la disposizione sopra indicata richiede che il contribuente sposti la residenza nel Comune in cui si trova il fabbricato acquistato in forma agevolata. Non è necessario che la residenza sia spostata presso l’abitazione acquistata. Pertanto, eventuali cause di forza maggiore, avrebbero avuto rilievo soltanto se avessero impedito il trasferimento della residenza nell’intero Comune di riferimento.
In senso conforme la Corte di cassazione, accogliendo l’interpretazione seguita dagli uffici dell’amministrazione finanziaria, si era già pronunciata con le ordinanze nn. 2527/2014, 1588/2018, 9433/2018 e le sentenze nn. 7067/2014, 5015/2015, 10586/2015 e 13148/2016.
Fonte: Fisco Oggi, Rivista Telematica dell'Agenzia delle Entrate - articolo di Marcello Cardone